Il percorso formativo e professionale che ho intrapreso diversi anni anni or sono, mi ha dato l’occasione di rapportarmi con realtà piuttosto diverse dal punto di vista personale e professionale in ambito psicologico clinico, sportivo e aziendale.
Il benessere e l’equilibrio rappresentano una condizione necessaria nell’approccio al quotidiano ed in questo percorso ritengo fondamentale che la persona con la quale lavoro si metta in gioco in prima persona riscoprendo, esaltando e utilizzando le proprie abilità psicologiche avendo presente i propri obiettivi e acquisendo tecniche utili al raggiungimento degli stessi.
Anche in campo sportivo, come psicologo dello sport, l’impronta del mio intervento ha un carattere pratico nel considerare il vissuto emozionale, psicologico e comportamentale dell’atleta.
Ho avuto la fortuna di lavorare con atleti professionisti, ma anche amatoriali; ho fatto parte dello staff di società sportive professionistiche, per le quali mi occupavo di seguire, dal punto di vista psico-educativo, la crescita del settore giovanile dalle categorie con i ragazzini più giovani, fino a quelle degli under 19, al limite cioè, della prima squadra e, quindi, in alcuni casi, del professionismo.
Ma nel corso delle mie collaborazioni, sono anche venuto a contatto con una realtà che non sempre è posta in prima pagina, quella della disabilità (fisica e psichica) legata allo sport. Un ambiente dal quale non faccio fatica a dire che ciò che ho ricevuto supera di gran lunga quello che è stato il mio contributo.
Come artista, cantante, amatoriale di buon livello, ho voluto applicare le tecniche di coaching anche ad ambiti più strettamente artistici quali la danza, il teatro e la musica.
A livello aziendale invece, il coaching risulta un fattore significativo per chi deve gestire un gruppo di lavoro, riuscendo a trasmettere motivazione, energia e positività per accrescere il livello individuale della squadra lavoro che “sul campo” deve collaborare in maniera efficace per raggiungere gli obiettivi.
In qualunque situazione mi sia trovato, l’obiettivo era sempre legato alla crescita personale, a seconda delle proprie possibilità che, in più di un’occasione, venivano addirittura superate, andando oltre limiti che parevano invalicabili.
Ed è questo l’aspetto che più mi appassiona nel mio lavoro, lavorando in ambito clinico, relazionale, formativo o sportivo.
Interessante percorso formativo.Noto che la sua formazionee’ avvenuta di pari passo con i giovani…
Mi domando:
Con gli “adulti” non professionisti, saprebbe consigliarci qualche ettura per affrontare mentalmente/positivamente lo sport del tiro a segno?