L’attività sportiva giovanile è spesso caratterizzata da episodi poco edificanti e per nulla educativi che vedono coinvolti alcuni genitori che mettono in atto tutta una serie di comportamenti che poco hanno a che fare con la figura che un adulto dovrebbe rappresentare ponendo in una situazione di forte stress e difficoltà i loro propri figli, privandoli, di fatto, della leggerezza e della spensieratezza che lo sport dovrebbe recare a livello giovanile.
Risulta abbastanza chiaro che né lo psicologo, né tanto meno la società possono intervenire direttamente ed in maniera significativa a riguardo perché si tratta, in ultima istanza, di un comportamento che quel tipo di genitore decide di adottare e che può solo essere parzialmente arginato.
Ma la società, altresì, può tentare di preservarsi fin dal principio della stagione, ponendo regole, limiti, ma anche gettando un ponte di collaborazione che renda il gruppo dei genitori più responsabili e parte del progetto.
Se definiamo con il termine “educativo” lo sport in età giovanile, ci riferiamo ad una condizione che prepara già nel bambino quella che sarà la vita dell’adulto, attraverso l’attività sportiva.
Attraverso il piacere nello svolgere una disciplina sportiva, essa stessa diviene uno strumento educativo sviluppando la capacita’ di pensare, criticare, scegliere, decidere, creare, programmare e progettare dentro limiti e norme che garantiscano la funzionalità personale e collettiva.
Fattori determinanti per raggiungere l’obiettivo educativo sono principalmente due: un ambiente sportivo professionale fatto di uno staff tecnico preparato, ed una realtà propositiva ed equilibrata dal punto di vista famigliare.
Risulta pertanto indispensabile un rapporto di sana collaborazione tra queste due realtà in modo da favorire la crescita e la maturazione di giovani menti nonché la formazione delle personalità attraverso l’attività sportiva, evitando di farla diventare un fattore di stress e mantenendo ben vivo e presente il diritto dei ragazzi al divertimento.
Spesso questo delicato meccanismo può venire destabilizzato dall’interferenza di elementi di disturbo, tra i quali, come detto, l’intromissione dei genitori sul lavoro dell’allenatore, invadendo lo spazio della relazione che si stabilisce tra questi ed i suoi allievi.
Ci sono genitori che invece di vedere nello sport l’opportunità di far crescere il figlio come persona, si aspettano dell’altro ed il loro modo di seguire l’attività del figlio, finisce con l’assomigliare sempre più al sistema di proporre l’attività sportiva in maniera frenetica, arrivista e, quindi ansiosa, tipica del mondo del professionismo e, in parte, dei mass- media.
Il rapporto con i genitori, perciò, rappresenta un aspetto, nell’ambito dell’attività sportiva giovanile, delicato quanto caratterizzato da equilibri sottili, che necessitano di una gestione attenta ma anche aperta ed allo stesso tempo risoluta.
In quest’ottica, uno dei modi migliori per stabilire una relazione di fiducia con i genitori, ed al tempo stesso fare un buon investimento per il futuro della stagione, è quello di organizzare un meeting pre-stagionale.
L’intento è quello di formulare un incontro pieno di significato, ma strutturato, dove tutti gli attori possano esprimere le loro perplessità, dubbi e volontà. Un incontro semplice ma che può risolvere molte soluzioni pratiche, durante il quale conoscersi, ascoltarsi, informarsi reciprocamente sugli obiettivi e sul modello educativo utilizzato attraverso l’attività sportiva.
Inoltre, non va sottovalutato il ruolo giocato dalle aspettative, che rappresentano una delle leve principali che muovono tutta una serie di comportamenti e approcci alla disciplina. Trovare perciò anche per i genitori un modo di esprimere le loro aspettative, parlare dell’idea di sport e, soprattutto di ciò che per loro rappresenta il successo, confrontandosi da subito con quella che è la filosofia della società, aiuta a stabilire linee di comunicazione sulle quali basare i rapporti durante la stagione.
In tal modo quando si parla di filosofia dell’allenamento, si vuol fare riferimento al concetto di educazione sportiva ed al modo in cui i coach educhino attraverso l’allenamento lavorando su tutti i ragazzi utilizando un metodo quasi “ad personam” in quanto ogni componente della squadra e’ diverso dagli altri, avendo il proprio vissuto famigliare, sportivo, emotivo e relazionale.
Altresì, si può far riferimento a come un pattern condiviso di regole di comportamento e di vita di squadra, sia necessario affinche’ un gruppo possa progredire sia a livello umano che tecnico.
Il modello educativo va quindi inteso come stimolo all’indipendenza di pensiero e alla formazione della personalità.
Il coach infatti propone ai ragazzi situazioni nelle quali viene chiesto loro di trovare la soluzione in modo da sviluppare la capacita’ di problem solving, stimolando cosi’ la fantasia, l’intuizione e la capacita’ di ragionare in maniera autonoma, senza paura di osare e di sbagliare.
Il diritto all’errore, infatti, rappresenta un altro concetto fondamentale, in quanto, non solo è un diritto che i ragazzi hanno, ma, di più, rappresenta il primo passo verso l’apprendimento.
Affrontare le diverse tappe che l’attivita’ sportiva propone accompagnata da ostacoli, difficolta’, soddisfazioni, vittorie e sconfitte, mette i ragazzi di fronte ad una realta’ nontanto diversa da cio’ che li aspetta nella vita futura.
Gli allenatori che condividono un determinato principio educativo lavorano in una precisa direzione dove al centro c’e’ l’individuo che necessita di messaggi equilibrati, propositivi e stimolanti per maturare dal punto di vista sportivo e umano.
Le finalità del meeting pre stagionale perciò sono rivolte a tutta una serie di aspetti organizzativi e “di relazione” con la volontà di favorire innanzitutto la conoscenza reciproca tra il gruppo di genitori e lo staff tecnico, presentando quelle che sono le risorse e le professionalità all’interno della società sportiva, quindi quella di informare sugli obiettivi dello sport giovanile così come considerati in società, nonché condividere con i genitori i punti cardine della filosofia di un approccio positivo e propositivo all’allenamento incoraggiandoli ad utilizzare anch’essi tale approccio.
In quest’ottica l’incontro vorrebbe stabilire chiare linee di comunicazione tra allenatore e genitore, evitando di andare incontro a situazioni di attrito ed incomprensioni durante la stagione, ma creando un ambiente collaborativo e quanto più educativo per i giovani atleti.
Il lavoro all’interno di un settore giovanile rappresenta uno scenario variegato e pieno di incognite, ma, al tempo stesso, stimolante ed istruttivo, per chiunque sia parte attiva di uno staff tecnico di una realtà sportiva.
Fare sport a livello giovanile richiede, al giorno d’oggi, una grossa responsabilità da parte degli istruttori- allenatori in quanto il giovane atleta si trova di fronte ad una realtà personale, famigliare, sociale e sportiva particolarmente difficile da gestire in particolare nel periodo adolescenziale puro, durante il quale il giovane sta creando la propria personalità, e si trova in mezzo ad un turbillon di stimoli esterni ed interni che poche volte riesce a gestire con rilassato approccio.
Lo psicologo dello sport, di conseguenza, si trova di fronte ad un quadro che racchiude in sè tanto l’aspetto psico- sportivo quanto quello educativo, avendo sì a che fare con tutti gli aspetti psicologici maggiormente a carattere sportivo inerenti l’approccio alla gara, l’allenamento ed il gesto tecnico, ma ugualmente, come detto, anche a tutta una gamma di situazioni relative alla crescita ed alla maturazione, non solo sportiva, degli atleti.
Ne consegue che alla base dell’intera architettura di un progetto, che voglio definire, psico- educativo, deve esserci piena e consapevole collaborazione tra il professionista psicologo ed il professionista coach. Laddove non sussistano tali basi non vi può essere una proficua collaborazione, né si possono sviluppare dei percorsi formativi favorevoli alla crescita sportiva e mentale dei ragazzi.
In alcuni ambienti sportivi, vi è ancora un atteggiamento diffidente nei riguardi dell’approccio psicologico allo sport; molti allenatori tendono a sentirsi defraudati del loro ruolo di punto di riferimento della squadra, non riconoscendo, probabilmente solo perchè non ne sono a conoscenza, l’apporto che una consulenza professionale di tipo psico- educativa può rendere sia a livello relazionale, allenatore- squadra, sia a livello di crescita degli atleti stessi.
E’ fondamentale, perciò, che il progetto parta dalla collaborazione e dall’intesa tra lo staff tecnico e lo psicologo sportivo; gli obiettivi, ma anche i presupposti e l’approccio al lavoro con i ragazzi, devono essere coincidenti per quanto riguarda gli aspetti principali di crescita e maturazione dell’atleta ed educazione allo sport.
L’obiettivo che un intervento psico- educativo in ambito sportivo si pone è quello di educare i ragazzi attraverso l’attività sportiva, cercando di sviluppare in loro l’autonomia, il libero pensiero, la libertà di creare e di osare (e quindi di sbagliare), indirizzandoli, al tempo stesso, secondo i principi di educazione, lavoro, impegno, rispetto e filosofia di gruppo, senza tralasciare il loro diritto alla fantasia ed al divertimento. In generale, a tutti i livelli, considerando la differenza di età, che sottende differenti richieste e responsabilità, si interviene sugli aspetti pedagogici, motivazionali e comunicativi, utilizzando i modelli comportamentali più opportuni che hanno come fondamento la percezione di competenza, basata sul soggetto e sulle sue abilità, piuttosto che sul compito, con conseguenze positive sulle relazioni, sul clima, sul lavoro di gruppo e, quindi, sulla motivazione.
Il coach, si inserisce in questo progetto educativo nella maniera che gli è più consona: allenando.
Egli trova le chiavi per affrontare le diverse realtà considerando ogni ragazzo diverso dagli altri e utilizzando un approccio quasi “ad personam”, all’interno di un sistema condiviso di regole rispetto alle quali invece tutti sono uguali.
Solo attraverso l’utilizzo di regole di comportamento, l’allenatore può porre le basi per una gestione del gruppo costruttiva e produttiva volta alla responsabilizzazione dei ragazzi, ma anche alla socializzazione ed all’unità di gruppo, senza dimenticare che un gruppo che rispetta le regole ha più possibilità di migliorare e progredire anche dal punto di vista tecnico e dei risultati proprio grazie all’approccio che ogni componente della squadra propone.
Un allenatore in questo modo può lavorare sullo sviluppo del pensiero, della capacità di valutare e prendere decisioni, e sulla libertà di esprimere sé stessi senza terrore di sbagliare, sensazione che spesso viene vissuta molto male dai giovani atleti.
Se educare significa anche stimolare, l’accettazione del concetto di errore come necessario per l’apprendimento ed il miglioramento, costituisce un passaggio obbligato nel corso della crescita non solo del giovane atleta ma anche del ragazzino.
Il coach infatti propone ai ragazzi situazioni nelle quali viene chiesto loro di trovare la soluzione per le quali hanno tutti gli strumenti necessari, in modo da sviluppare la capacità di problem solving nonché la fantasia ed un atteggiamento propositivo nell’affrontare e superare i propri limiti.
Superare le difficoltà, infatti, così come il mettersi alla prova e, di conseguenza, comprendere in maniera tangibile che con costanza e lavoro si possono superare gli ostacoli, sono aspetti educativi che rappresentano un ASSIST all’autostima, all’indipendenza, alla crescita ed alla scoperta di se stessi.
Ed è in quest’ottica che si vive in maniera diversa anche l’errore.
E’ necessario che sia chiaro che I RAGAZZI HANNO DIRITTO A FARE ERRORI, anzi, per certi versi, sbagliare è necessario!!!
Spesso ci si dimentica che sbagliare è il primo passo verso il successo, dove successo (uso questo termine volutamente), significa imparare a guardare l’errore senza timore e, con l’aiuto del coach, affrontarlo e trovare il modo per venirne fuori, cercando di dare il meglio di sé stessi.
L’accettazione dell’errore come aspetto positivo e pro-positivo evidenzia una mentalità piuttosto aperta ed indirizzata ad un tipo di percorso educativo che devo definire molto emancipato, anche se, di fatto non lo è. L’approccio che ci è stato tramandato da generazioni è quello che l’errore è uguale a fallimento, vergogna e biasimo, creando perciò un’aura di paura ed insicurezza nella personalità più fragili, guarda caso, come nella maggior parte dei giovani atleti.
Il ruolo della famiglia perciò, è quello di creare una realtà quanto più serena e propositiva, che sostenga il giovane, ma che lo ponga altresì di fronte alle proprie responsabilità.
Diverse indagini si sono interessate del ruolo dei genitori nell’ambito dello sport giovanile. L’interesse per questo aspetto deriva, però, dal crescente effetto negativo in seguito alla pressione esterna sui giovani atleti. Conseguentemente ragazzi inseriti in un ambiente estremamente competitivo, orientato al risultato, sono sovraccaricati da un bisogno di dimostrare la propria superiorità a causa dell’enfasi sui riconoscimenti esterni e sui feedback.
Infatti il coinvolgimento nell’attività fisica, da un punto di vista emotivo, motivazionale e di orientamento agli obiettivi, è fortemente influenzato (positivamente e negativamente), dal comportamento dei genitori.
Da questo punto di vista, credo che la presenza di uno psicologo sportivo nello staff tecnico di un settore giovanile, possa giovare alle relazioni, spesso molto difficili, tra genitori e lo staff stesso. Anche se il comportamento negativo dei genitori non potrà mai essere eliminato dallo sport giovanile, è possibile operare in modo da limitarlo, educando i genitori e migliorando le linee di comunicazione tra genitori e società sportiva.
Ho voluto affrontare quelli che sono alcuni dei temi principali che uno psicologo sportivo si trova a gestire in una realtà come quella di un settore giovanile, ma, come detto in principio, molti altri sono i punti di vista che l’attività sportiva giovanile mette di fronte a noi professionisti del settore, rendendo proprio per questo stimolante e coinvolgente il nostro apporto.