I settori giovanili delle società sportive mettono l’allenatore di fronte ad una realtà spesso non semplice in virtù dei numerosi aspetti, non solo tecnici, ma soprattutto relazionali, che questi si trova ad affrontare. La funzione primaria dell’allenamento è quella di fornire al singolo ed alla squadra stimoli costanti e funzionali al loro sviluppo. Durante le mie esperienze professionali è sempre stato primario il condividere l’idea che i giovani atleti non siano solamente “macchine neuromuscolari da programmare” ma, in primis, persone e ragazzi che stanno attraversando una delicata fase della propria crescita fino ad arrivare all’età adulta, da seguire in un percorso di presa di coscienza delle proprie potenzialità, dei propri limiti e degli obiettivi che si prefiggono. E’ in quest’ottica che si dovrebbe sviluppare il lavoro con i ragazzi, a partire cioè, dall’idea che la vittoria con la V maiuscola dovrebbe essere rappresentata da uno sviluppo corretto e sano, non solo dal punto di vista tecnico- tattico e fisico, ma anche da quello della personalità del giovane atleta.
Educare è un atto creativo nel quale è necessario confrontarsi con i ragazzi e non si risolve certamente nello svolgere sempre la stessa attività ogni giorno. È necessario procedere insieme, non quindi attraverso un rapporto dall’alto verso il basso, poichè un insegnamento a pioggia, uguale per tutti, non serve a molto. I ragazzi sono tutti diversi l’uno dall’altro, ognuno è fatto a modo suo, con il proprio talento, e l’approccio dovrebbe essere quasi “ad personam”. Nell’arte di formare persone si inserisce il concetto che un maestro, o educatore, non dovrebbe voler crescere discepoli, ma altri maestri. In questo senso, fin da piccoli, i ragazzi vanno instradati sul libero pensiero, andando oltre all’insegnamento che gli viene proposto, imparando a mettersi in gioco, liberi di fare e sbagliare, tentare ed osare, in modo da scoprire le proprie abilità esponendosi senza timore all’errore. Lo sviluppo delle potenzialità passa inevitabilmente dalla crescita e dalla maturazione della persona; l’allenatore deve fungere da punto di riferimento che offre metodo, obiettivi, regole e comportamento, ma senza uniformare, concedendo la libertà di pensiero.
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